Sei il mio sorriso, quando ti guardo in mezzo alla gente e diventi il protagonista. Sei la luce nei miei occhi quando ti parlo e tu sai già quello che dovrò dirti. Sei i miei sospiri quando ti vedo in difficoltà, ma so che la tua forza e intelligenza ti permetteranno di superare ogni avversità. Sei ogni battito del mio cuore quando sei con me e quando non ci sei; ma solo quando sei con me io sorrido ammiro, sospiro e vivo. Veramente.
Questa non l'ho scritta io, ma Francesca.
Sarà pure che sono parte in causa, ma l'ho trovata bellissima e mi sembra giusto metterla qui, insieme alle parti migliori di me.
Questo è un estratto di prova di qualcosa che sto scrivendo; non è completo e nemmeno definitivo.
"La mia prima macchina fotografica è stata una Kodak 44 Instamatic, il modello che veniva subito dopo le macchine fotografiche turistiche, quelle che guardavi dentro e schiacciando il tastino vedevi un’altra diapositiva.
Però, aveva anche il cinturone in dotazione, una specie di attrezzo paramilitare con le giberne per contenere la macchina e due rullini di scorta; la pubblicità poi era accattivante, con dei disegni in bianco e nero dove un solitario camminatore, all’alba, sulla spiaggia, vede un volo di gabbiani e, come un novello Jesse James estrae la macchina dalla fondina e…”click!” catturato.
Ci ho messo quasi vent’anni a capire che se quello lì all’alba, da solo, fotografava gabbiani, probabilmente era lo sfigato della compagnia, che non poteva tornare in camera perché l’amico si stava trombando l’amica.
Potenza della pubblicità e del romanticismo adolescenziale."
Dillo con parole tue Non usar quelle dei cantanti Non usar quelle dei poeti Lascia che lo sfogo di un pensiero Salga da solo alle tue labbra
Il timore di non saperlo dire La paura di non far capire E lasci così da parte Quello che pesa sul tuo cuore Quello che lo rende leggero Per farlo interpretare A chi non sa nemmeno che tu esisti
Dillo con parole tue Dammi l’emozione di vedere un pezzo di te Dei poeti dei cantanti abbiamo visto tutto Sogni di carta per celebrar se stessi Finti amori per far sognare Quando ogni esistenza è un sogno
Dillo con parole tue Sono le uniche che voglio sentire Le sole che hanno per me valore Le più belle che un orecchio amico Possa e voglia ascoltare.
Venezia, stanco il leone di San Marco giace sulla laguna calpestato da migliaia di turisti. E’ la mia città, non per nascita, non per discendenza, la scelta l’ho fatta io. Non sono il primo, altri prima di me traversando ponti e calli sisono sentiti rapiti, non per la Venezia da cartolina e nemmeno per il suo passato. E’ la città che vive ogni giorno e che ogni giorno vive la sua agonia a farmi sentire nuove emozioni. Vecchio leone, son troppe le tue cicatrici e ancor più le tue ferite aperte che ti fan gemere dei mille gemiti delle tue fondamenta. Ma chi ti capisce, così come io ti capisco, soffre con te. Ora i tuoi cavalli così maestosi dominano nuovamente la piazza, testimonianza della volontà di non perderti, portando con loro la speranza che presto, l’uomo che ti creò ti porti anche la salvezza.
Muto un grido sale dalle nebbie sempre più fitte di un pensiero deviato. Cerca una strada dall’essere più profondo per uscire alla luce di un Io sempre più vacillante, circondato da suoni ripetuti di una alienazione che preme da ogni parte a soffocare l’ultima volontà di mantenersi spiritualmente vivo. Cieca disperazione logora le fondamenta della lucidità di pensiero finchè la coscienza affoga con un grido nel tempestoso mare della follia.
Occhi scuri che ti trascinano dentro nuovi universi. Tutto dentro il tuo mondo mi è familiare come l’aria che respiro. Conoscersi per una sera è conoscersi nell’infinito dove giocare è rotolare tra le stelle.
Dopo la pioggia la spiaggia è deserta ed un pallido sole ne annuncia la fine. La sabbia compatta sotto il mio passo rimanda un suono lieve e vellutato. Una piccola sosta ed una visione nuova mi coglie. Una giovane donna capelli nel vento mi passa davanti camminando nell’acqua, una piccola macchia verde nell’azzurro del mare, che, come me solitaria assapora senza tristezza la pace del momento. Incrociare gli sguardi è cosa di un attimo ma il lieve sorriso distorce anche il tempo donando a quell’attimo lo spazio di ore.
Piatte campagne
ai bordi delle strade.
Cieli sconfinati
legati indissolubilmente
all’armonia delle onde.
Paesi bianchi
dalle lunghe file di foglie
di tabacco al sole della Puglia.
Gente cordiale,
dall’ospitalità squisita
che saluta lungo le strade.
Tanta pace
che ti lava di dosso
la frenesia della grande città.
Ma è la notte,
piena di stelle
fino a perdersi nell’infinito
che ti fa apprezzare
la vita di un paese.
Sono passati cinque anni. Sono stati anni difficili, amari e dolci allo stesso tempo, pieni di sentimenti contrastanti, al punto che in certi momenti credevo di non uscirne più. Ora non è importante quello che ho passato, ma solo le persone che mi hanno aiutato a sopravvivere. Una menzione d’onore la meritano sicuramente gli amici di Milano. In un mese ho macinato più di 5000 chilometri per stare con loro, per passare delle belle ore di cui li vorrei ringraziare tutti, uno per uno. La cosa buffa è che della maggior parte non conosco nemmeno i nomi reali. Come sempre accade, alcuni mi hanno aiutato più di altri, ma di loro parlerò in altri momenti. Il gruppo; quello che era il riferimento, il centro di incontro, il Pontell ai navigli, e tutte le cose pazze e strambe fatte in quei giorni. Le ricordo tutte, ogni singolo viso cui rispondeva solo un nickname su internet, ogni uscita, ogni chilometro. Non è rimasto molto oggi di quei giorni, ma senza quei giorni non ci sarebbe questo oggi. Per questo, vorrei che ognuno di loro potesse leggere queste poche righe e sorridere con me per un ricordo che condividiamo. Grazie ragazzi. Ho solo un piccolo rimpianto… Mi hanno dato del traditore per tutte le avventure che avrei avuto con le ragazze del gruppo, e non sono mai andato oltre un bacio di saluto sulla guancia…ormai è andata.
E’ facile a volte lasciarsi portare dal quotidiano e perdere un po’ di vista il quadro generale delle cose, ma ci sono eventi particolari che riconducono a considerare l’insieme.
In questi ultimi tempi, diverse occasioni di riflessione mi si sono presentate, vuoi per graditi ritorni, per dolorose partenze, per frasi rimaste in evidenza nella memoria.
Non ho intenzione di fare un sermone sull’importanza degli eventi, ma ricordare due persone che non ci sono più.
La prima, è Riccardo.
Riccardo era una conoscenza di lavoro, stava dalla parte opposta della trattativa quando lavoravo all’ufficio acquisti.
Ma non era solo questo. Col tempo, eravamo arrivati a godere di una stima reciproca che poteva facilmente trasformarsi in amicizia, se la vita ci avesse concesso di frequentarci come tante volte ci eravamo ripromessi.
Riccardo, è stato una delle poche persone che hanno davvero cercato di aiutarmi nel periodo più buio della mia vita, cercando con me una soluzione lavorativa al vuoto che sentivo dentro.
Ebbene, se ne è dovuto andare, una malattia che non perdona lo ha strappato innanzitutto alla sua famiglia, che anche se solo di riflesso, ho visto formare e crescere, ma lo ha anche portato via prima che potessi ringraziarlo davvero, con una di quelle cene extra lavoro che ci hanno permesso di conoscere meglio l’uomo che stava dietro la funzione.
E’ passato più di un anno ormai, e finora non avevo trovato la forza di scrivere queste poche righe, il cui significato è semplice: grazie Riccardo, è stato un piacere e un onore conoscerti.
La seconda è Michele.
Conoscenza quasi casuale, marito di una collega, ma nonostante la scarsità degli incontri, avevamo maturato un feeling particolare, basato sulla capacità di essere ironici ed irriverenti ma sempre con intelligenza e appena quel pizzico di salacia che è un po’ il pepe della vita.
Al suo funerale, mi è scappato più di qualche sorriso, ripensando alle battute fatte, ma anche a quelle che sarebbero state fatte se avesse potuto essere lì a commentare.
Non ho la pretesa di dire “Lo conoscevo bene”, in fondo non conosco bene nemmeno me stesso, ma credo di non sbagliare nel pensare che sarebbe riuscito a far ridere anche al suo funerale.
Grazie anche a te, Michele, è stato un piacere e un onore conoscerti.