10 marzo, 2008

E se scoppia?

Scoppia il cuore a tenerci dentro tutte le emozioni.
Lo spunto nasce da un evento inaspettato, un collega in odore di separazione che viene in ufficio con la figlioletta; quattro anni e già si nasconde alla vita facendo finta di dormire per non affrontare la dura realtà di un papà che non vede decentemente da due settimane.
E’ stato superiore alle mie forze.
Sono crollato dopo quattro anni di dolore e fatiche, facendo avanti e indietro dall’ufficio per poter piangere liberamente.
Quattro anni e un solo cedimento pensando alla mia piccolina, crollato davanti ai capelli biondi di una creatura della stessa età di Laura quando l’inferno ha spalancato le sue porte.
Emozioni, forti e compresse in un solo cuore, quello stesso cuore che ogni tanto si stringe nella morsa per uno sguardo dolente o per una indifferenza studiata per ferire e a cui non posso reagire per non pregiudicare le briciole di un affetto che si va ricostruendo.
Sento la nostalgia di quando i medici praticavano il salasso per far uscire dal corpo gli umori cattivi.
Ne avrei a fiumi, ma non esiste un rimedio simile per l’anima.
O meglio, se esiste non l’ho ancora trovato.
Non riesco ad esprimere tutto ciò che mi esplode nel petto e nella testa ogni qual volta mi trovo a combattere l’impotenza che deriva dal dover subire tacendo per un bene superiore.
A volte non ho nemmeno la certezza di dove sia questo bene, ma questo credo dipenda dalla schizofrenia che pervade la mia vita da qualche tempo.
Anni fa, quando la vita virtuale su internet mi ha aiutato a sopravvivere alla vita reale, c’era un tizio che si firmava dicendo che uno schizofrenico non soffre mai di solitudine, ha sempre un altro sé stesso con cui parlare: è così che mi sento, con due vite parallele; una piena di impegni, lavoro, posizioni raggiunte e mantenute,gioie, una vita in cui ciò che penso e voglio ha un suo peso e una sua dimensione.
Poi c’è l’altra, vissuta solo di rimessa, senza che la volontà abbia un qualche peso.
Ed io mi ritrovo ad altalenare tra queste due, entrambe reali, ma senza reali connessioni tra loro.
Ho cercato in diversi momenti, di creare una sorta di ponte tra queste realtà, provando a più riprese a fissare sulle righe quanto l’Emozione prova, per spiegarlo alla Ragione; tutti i tentativi sono falliti miseramente, troppe cose da scrivere e da rivivere per poterle in qualche modo fissare.
Anche ora, scrivo senza in realtà cercare di parlare di qualcosa di preciso; appena fisso l’attenzione per un attimo su una emozione o un ricordo particolare, mi parte il neurone per la tangente e comincia a rimbalzare tra migliaia di altre emozioni e ricordi, senza riuscire a fermarsi abbastanza da poter dare forma ad una frase scritta.
Eppure, il desiderio di una catarsi dattilografica è forte.
Mi viene in mente il ritratto di Dorian Gray, forse, scrivendo i pensieri e le emozioni, avrei poi paura di dovermici confrontare un giorno, e scoprire che tante, troppe forse, illusioni sono sfumate come lo stipendio a fine mese.
Altro pensiero fugace… Ligabue che canta "Ho messo via…" e scatta la voglia di scaricare un po’ di ricordi per alleggerire il senso di oppressione che mi sento in testa, un po’ come il back-up di un hard disk che non riesce a contenere altri dati.
Invece resta tutto qui dentro.
In realtà, questo tipo di difficoltà l’ho sempre avuto; non sono mai riuscito a dare forma ai pensieri, ho provato con le emozioni molti anni fa e questo mi riusciva meglio, ma non si può fare l’Amleto per tutta la vita.
Ecco, già adesso sono stanco, l’attenzione se ne va in mille rivoli, il senso di oppressione resta intatto e comincia il mal di testa…troppe cose vorrei dire, urlare contro qualcosa o qualcuno,; invece, come sempre, si sveglia l’altro me stesso e mi porta di nuovo nella realtà più semplice, dove ho un controllo sulle cose intorno a me, dove non devo piangere per affetti perduti e da recuperare, dove posso sorridere a coloro che amo e scaldarmi con il loro sorriso.